QUESTO TAVOLO NON È PIÙ PER VECCHI
Aniello: «Dominano i giovani e si vince grazie a geometria e fisica»
Il due volte campione europeo spiega:
«Superati gli stereotipi del passato. Oggi contano la preparazione, lo studio e i materiali»
Del fascino un po fumoso del giocatore di Biliardo in stile "Io, Chiara e lo Scuro" non è rimasto niente.
Via i vecchi locali dalla luce soffusa, via le eterne sigarette e le maratone notturne inseguendo l’effetto impossibile: «Il nostro mondo - racconta Michelangelo - è completamente cambiato. E ci sono tanti giovani: sono pericolosissimi perché l’evoluzione del gioco fa sì che non prevalga il fattore esperienza. Il gioco è più veloce, ci vuole più preparazione fisica, capacità di concentrazione in tempi stretti e rapidità nel fare le scelte di gioco. In questi ultimi anni abbiamo compiuto un altro grande balzo entrando nelle scuole. Così la pratica parte dai 14 anni e c’è un tessuto di gare studentesche che aiuta ad affinare i talenti».
> E’ una cosa così seria un colpo azzeccato?
«E’ tutta una questione di geometria, di fisica, di calcoli.
Per arrivare a buttare giù i birilli bisogna sapere calcolare esattamente come colpire la palla, che effetti darle, quanto gesso caricare sulla stecca. Un solo calcolo comporta molti valutazioni complesse e non c’è calcolatrice automatica».
> Quando affrontiamo una curva, noi comuni mortali, calcoliamo, senza accorgercene, la velocità. Il biliardo è la stessa cosa?
«Sì, ma tutto è meno sottinteso. Ogni colpo prevede il calcolo della potenza, dell’effetto, le numerazioni. Quante sponde deve toccare una palla, quale effetto deve avere per centrare il suo obiettivo. Diciamo che non possiamo giocare a dadi con il caso sul tavolo verde».
> Ma che n’è stato della fantasia?
«C’è sempre e ha un grande peso. Perché ad emergere sono i giocatori capaci di vedere quattro opportunità laddove uno, meno dotato, ne vede una soltanto. Sta qui la bravura, e bisogna saperlo
fare in maniera rapidissima».
> Ma la rivoluzione quando è avvenuta?
«Negli anni ‘90 è iniziata la grande storia del biliardo senza buche. E’ stata una scossa incredibile che ha aperto la disciplina. Io vengo da una famiglia dove il biliardo è sempre stato di casa.
Mio padre era uno specialista della carambola e, a sei anni, ho incominciato a seguirlo. Quando sono arrivato io a livelli importanti, stava iniziando questa nuova era. Oggi che la rivoluzione si è compiuta ci sono tantissimi ragazzi competitivi ed è molto più difficile vincere. I grandi campioni del passato come Cifalà o Nocerino sono stati sorpassati. Il livello è molto superiore».
> E’ cambiata anche la stecca?
«Certo. La vecchia stecca in legno si è evoluta. Del materiale tradizionale è rimasto solo il manico ma il puntale è cambiato tantissimo. Oggi c’è sperimentazione sui materiali. I puntali possono essere in carbonio, in Kevlar e altro ancora. Da questi dipende la sensibilità del tocco, l’effetto».
> Che effetto fa stare in televisione?
«Per me non è una novità. Sono quasi sempre in tv. Non mi lascio prendere dall’emozione. Forse la prima volta, ma era la curiosità per tutto quello che c’era di nuovo attorno a me».
L’essenza «Ogni colpo è un concentrato di calcoli. La stecca? Puntale in kevlar...»
Il dono «Ad emergere sono i giocatori che sanno vedere più strade da percorrere».
Il dono «Ad emergere sono i giocatori che sanno vedere più strade da percorrere».
Il lavoro «Sono un professionista. Mi alleno 4 ore al giorno. Sono spesso in tv».
> E i “vecchi” protagonisti cosa fanno per reggere il ritmo imposto dai giovani leoni?
«Io sono un professionista e mi alleno ogni giorno quattro ore. Il nostro è diventato uno sport completo che sollecita tutti gli aspetti di una persona. Ci vuole preparazione fisica per condurre, in piedi, un match che può arrivare a durare anche quattro ore. Se sei asciutto e sei rigoroso nella gestione del tuo fisico, il corpo dà risposte migliori. Ma bisogna sapere anche gestire la tensione di un match.
> E i “vecchi” protagonisti cosa fanno per reggere il ritmo imposto dai giovani leoni?
«Io sono un professionista e mi alleno ogni giorno quattro ore. Il nostro è diventato uno sport completo che sollecita tutti gli aspetti di una persona. Ci vuole preparazione fisica per condurre, in piedi, un match che può arrivare a durare anche quattro ore. Se sei asciutto e sei rigoroso nella gestione del tuo fisico, il corpo dà risposte migliori. Ma bisogna sapere anche gestire la tensione di un match.
E poi c’è un impegno mentale perché noi siamo dei piccoli matematici che si confrontano con le
leggi del creato».
leggi del creato».
> E’ una cosa così seria un colpo azzeccato?
«E’ tutta una questione di geometria, di fisica, di calcoli.
Per arrivare a buttare giù i birilli bisogna sapere calcolare esattamente come colpire la palla, che effetti darle, quanto gesso caricare sulla stecca. Un solo calcolo comporta molti valutazioni complesse e non c’è calcolatrice automatica».
> Quando affrontiamo una curva, noi comuni mortali, calcoliamo, senza accorgercene, la velocità. Il biliardo è la stessa cosa?
«Sì, ma tutto è meno sottinteso. Ogni colpo prevede il calcolo della potenza, dell’effetto, le numerazioni. Quante sponde deve toccare una palla, quale effetto deve avere per centrare il suo obiettivo. Diciamo che non possiamo giocare a dadi con il caso sul tavolo verde».
> Ma che n’è stato della fantasia?
«C’è sempre e ha un grande peso. Perché ad emergere sono i giocatori capaci di vedere quattro opportunità laddove uno, meno dotato, ne vede una soltanto. Sta qui la bravura, e bisogna saperlo
fare in maniera rapidissima».
> Ma la rivoluzione quando è avvenuta?
«Negli anni ‘90 è iniziata la grande storia del biliardo senza buche. E’ stata una scossa incredibile che ha aperto la disciplina. Io vengo da una famiglia dove il biliardo è sempre stato di casa.
Mio padre era uno specialista della carambola e, a sei anni, ho incominciato a seguirlo. Quando sono arrivato io a livelli importanti, stava iniziando questa nuova era. Oggi che la rivoluzione si è compiuta ci sono tantissimi ragazzi competitivi ed è molto più difficile vincere. I grandi campioni del passato come Cifalà o Nocerino sono stati sorpassati. Il livello è molto superiore».
> E’ cambiata anche la stecca?
«Certo. La vecchia stecca in legno si è evoluta. Del materiale tradizionale è rimasto solo il manico ma il puntale è cambiato tantissimo. Oggi c’è sperimentazione sui materiali. I puntali possono essere in carbonio, in Kevlar e altro ancora. Da questi dipende la sensibilità del tocco, l’effetto».
> Che effetto fa stare in televisione?
«Per me non è una novità. Sono quasi sempre in tv. Non mi lascio prendere dall’emozione. Forse la prima volta, ma era la curiosità per tutto quello che c’era di nuovo attorno a me».
In Tv o a un campionato non resta che augurare, ai giovani matematici che si apprestano a diventare padroni del tavolo verde, di non tradire mai quelle regole. Sono scritte nel creato.
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